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terza pagina Lettura elegia dell’abbandono di Guido Viale È nei rifiuti che spesso possiamo Anche il mare, rinchiuso tra le banchine di un porto che hanno cancellato quella che un tem- scorgere – e soprattutto lo scorge po fu una marina “si è rassegnato” a questo lo sguardo poetico – l’immagine scempio. riflessa dell’abbandono a cui il progresso ha ridotto l’esistenza Il mare si è rassegnato all’immondizia, umana. le impronte digitali dell’olio si sono stampate sull’acqua Chi ha detto che l’immondizia, i rifuti, gli scar- come conftti ti, anche colti nella loro essenza più pura, che se qualcuno avesse camminato in una nube, è quella dell’abbandono, non possano essere sulle onde indipendenti 14 oggetto di uno sguardo poetico? Forse è proprio con piedi oleosi. e segreti la desolazione dell’abbandono, dell’incuria, come l’appartenenza a quella “waste land” che è al E la schiuma del mare, che aveva dato i natali liturgiche forbici igiene urbana igiene urbana gennaio-marzo 2015 tempo stesso “terra desolata” e luogo dei rifuti, a Venere, la dea della bellezza, ora accompagna ciò che può indurci a una rifessione sul modo quel dondolio di oggetti abbandonati, immemo- È niente altro che un “freddo comitato” di ali in cui la trasformazione che abbiamo imposto re della sua origine, che non è il frangere delle che “vola senza volare”, ormai inquilino stabile al mondo ha fnito per trasformare anche la no- onde, ma l’inquinamento oleaginoso residuo di un braccio di mare che ha perso per sempre i stra esistenza. A farlo ci ha provato il poeta cileno di qualche motore o lo scarto della cucina di suoi connotati originari. Pablo Neruda in una delle sue poesie meno un ristorante: conosciute, da tempo raccolta, nella traduzione e il mare che ha scordato la marina, in italiano, in un volume della Rizzoli (Pablo la schiuma lo spazio dell’acqua Neruda, Poesie (1924-1964), BUR). Vediamo ignora la sua origine: che disertò comunque come questo tema viene sviluppato non più zuppa di dea e divenne porto, nell’Ode alle acque del porto, in cui la pre- né sapone di Afrodite, è esaminato con solennità senza e l’opera dell’uomo sono completamente ma la sponda in gramaglie da un freddo comitato rimosse, per lasciare il campo libero solo a ciò che di un’osteria di ali nere quella presenza e quell’opera lasciano dietro di con galleggianti, oscuri che vola senza volare sé. Come rifuto. La scena è quella di una varietà cavoli sgominati. di rifuti dondolanti sulle onde dell’acqua fetida Lo sguardo del poeta, alzandosi e abbassandosi di un porto. Di qualsiasi porto. Un’altra specie di uccelli, “dalle ali sottili come dalle acque al cielo e viceversa, non vede ormai pugnali”, vive appollaiata sui muri che fanno da altro che quello stato di abbandono e di deso- Non altro galleggia nei porti sponda alle banchine, per nutrirsi di quegli avanzi lazione che rispecchia un’esistenza umana de- se non rottami di casse, galleggianti. Un nutrimento che li ha trasformati, vastata dalle tante trasformazioni che le hanno cappelli abbandonati rendendoli ormai incapaci di andare a procurarsi fatto perdere la capacità di amare e proteggere la e frutta deceduta. il cibo altrove, o addirittura di volare per più di natura. Quel volo senza volo è come un’umani- qualche decina di metri. Sono loro quelli capaci tà senza più umanità, un “comitato” di esistenze A osservare. E a prendersi cura di quei materiali di fare a pezzi i rifuti che galleggiano nel porto indifferenti a tutto, che vive solo di ciò che è abbandonati non ci sono esseri umani ma solo per farne il proprio alimento. stato abbandonato e scartato. uccelli (di diverse specie, come vedremo) che li scrutano dall’alto: Gli altri uccelli neri [quel comitato] dalle ali sottili conftto nel cielo Dall’alto come pugnali blindato, indifferente, i grandi uccelli neri aspettano lassù, mentre l’acqua sporca dondola stanno a guardare, immobili. lenti, ormai senza volo, il vile lascito caduto dalle navi.