Page 46 - dicembre2014
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Lettura terza pagina dei bidoni d’immondizia, dal parlottare dei dei loro bambini”. Un maestro-poeta richiama vano nelle baracche sulle Colline dei Rifuti. baraccati”. per un certo tempo l’attenzione degli abitanti Non era lunga; anzi, era proprio corta. Era D’altronde molte di quelle fabbriche sono tali di Montefore, ma la sua epopea dura poco: una sola strofa da recitare in mezzo alle urla, solo per fnta: “…oltre agli uomini anche una “Ma i gabbiani scossero le ali al suo indirizzo. alle grida e al lancio di pietre: Basta con l’im- parte delle ragazze e delle donne che prima Secondo loro vi era una sola poesia possibile mondizia!”. rovistavano fra l’immondizia divennero ope- sui cumuli d’immondizia, ed era stata scritta E’ una poesia che dobbiamo imparare a reci- raie delle fnte fabbriche. In quegli stabilimen- molto tempo prima dalle persone che vive- tare anche noi. ti venuti su in pochi giorni furono prodotti dalla mattina alla sera falsi detersivi, polveri per succhi di frutta di vari colori, cioccolati- ni che bruciavano la bocca, candeggine che non sbiancavano, saponi che non facevano schiuma. Le ragazze riempivano le bottiglie di succo e le bustine di polvere. Gli uomini si bruciavano le mani lavorando alle pressa- plastica. Le polveri di frutta artifciali e i cioc- colatini che bruciavano la bocca si diffusero da Montefore alle altre baraccopoli”. Anche la comunità degli zingari, con i loro orsi da esibire nei mercati, aggiuntasi in un 45 secondo tempo a questo universo umano, ne igiene urbana assimila presto le abitudini: “Tra i baraccati vi igiene urbana ottobre-dicembre 2014 furono dei curiosi che andarono a vedere come fossero la case decorate dagli zingari. Costoro poi narrarono e cantarono ciò che avevano visto e sentito. Mentre i gabbiani atterravano e decollavano sulle schiene degli orsi, gli interni delle baracche furono abbelliti con oggetti se- tacciati dall’immondizia. Da un lato all’altro delle case furono stesi dei fli, e bambole di plastica dai capelli arruffati e dagli arti spezzati vi furono appese come grappoli d’uva. Sulle pareti di cartone furono appiccicate le vecchie riviste di moda raccolte dai rifuti. Le copertine delle riviste furono spiegate e appuntate sulle pareti. Gli spazi restanti furono ornati con fogli colorati e cangianti levati dall’immondizia e ripuliti; dai sofftti furono fatte pendere botti- glie tonde e piatte, e scatole di latta con eti- chette illustrate. I pavimenti furono tappezzati con dei libri rilegati, raccolti dalla spazzatura, che erano scritti in lingue sconosciute persi- no agli zingari. I divani costruiti con i libri dell’immondizia furono ricoperti di piume di gabbiano. Al suono degli strumenti a corde e dei tamburi le pagine centrali delle riviste di moda appuntate dappertutto sulle pareti giravano come lanterne colorate, ora da una parte, ora dall’altra. I fogli colorati e cangianti irradiavano luccichii, le piume volavano nelle case di cartone, nelle baracche di Montefore si riversavano la melodie dei Rom e le voci
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