NUOVO REPORT IPCC: APPELLO DEL WWF SUL CAMBIAMENTO CLIMATICO

I leader mondiali devono ascoltare i campanelli d’allarme e mantenere le loro promesse sul clima: questo l’appello del WWF in occasione della pubblicazione del nuovo capitolo del Rapporto dell’IPCC (il Panel scientifico ONU sul Cambiamento Climatico), il più forte grido d’allarme mai lanciato dalla comunità scientifica sugli effetti catastrofici del cambiamento climatico sulle società umane e sul mondo naturale.

Il rapporto “Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability”, mostra che il ritmo e la portata degli impatti climatici stanno rapidamente accelerando, portandosi dietro conseguenze devastanti e di gran lunga superando le azioni messe in campo per affrontarle.

Il rapporto dell’organismo delle Nazioni Unite per la scienza del clima rivela nuove informazioni scientifiche sui rischi in un mondo che si sta riscaldando. Il report evidenzia i limiti all’adattamento e le conseguenze di maggiori perdite e danni ai mezzi di sussistenza, al cibo, alle infrastrutture e alla natura. Molti limiti di adattamento sono già stati superati, minacciando la sopravvivenza delle comunità e degli ecosistemi vulnerabili. È la prima volta che il concetto di perdite e danni è stato incluso in un rapporto dell’IPCC.

Ricerca e sviluppi scientifici aggiornati hanno consentito agli autori del report di offrire una comprensione più dettagliata su come il cambiamento climatico influirà su specifiche regioni. Questa prospettiva regionale consente ai lettori di vedere chiaramente come la loro città, il loro lavoro e la loro vita saranno influenzati negli anni a venire.

“Nel rapporto c’è un intero capitolo dedicato all’impatto nel Mediterraneo –sottolinea Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia- e fa veramente impressione. Le conseguenze della crisi climatica potrebbero seriamente minare le basi del nostro modello di vita e della nostra economia, a partire dall’agricoltura e dal turismo, per coinvolgere tutti. A causa della particolare combinazione di forti rischi climatici multipli e alta vulnerabilità, la regione mediterranea è un hotspot per rischi climatici altamente connessi tra loro. Noi dovremmo essere alla testa dei Paesi più ambiziosi sull’azione climatica e lavorare intensamente per adattarci agli impatti inevitabili: non stiamo facendo né l’una né l’altra cosa, e questo deve cambiare subito”.

La temperatura superficiale terrestre nel Mediterraneo è già aumentata di 1,5°C, ma potrebbe aumentare drammaticamente per la fine del secolo, sino a 5,6°C, dipende dallo scenario delle emissioni, dice il rapporto. La siccità è diventata già più frequente e intensa, specie nei paesi del Nord del Mediterraneo, ma potrebbe aumentare ulteriormente e il livello delle precipitazioni, in generale, potrebbe diminuire tra il 4 e il 22%. I rischi di inondazioni costiere potrebbe aumentare per il 37% della costa del Mediterraneo in zone che attualmente ospitano 42 milioni di persone. Questi rischi si moltiplicherebbero in caso di massiccio collasso delle calotte di ghiaccio in Antartide (ghiaccio terrestre). Il cambiamento climatico minaccia la disponibilità d’acqua, riducendo i bassi flussi dei fiumi e il deflusso annuale del 5-70%, con conseguenze anche per la capacità idroelettrica. I rendimenti delle colture che necessitano di molta acqua potrebbe diminuire del 64% in alcune località. Le aree boschive coinvolte dagli incendi potrebbero aumentare del 96-187% sotto i 3°C. Otre i 3°C, il 13-30% delle aree protette Natura 2000 e il 15-23% dei siti Natura 2000 potrebbero essere persi a causa dei cambiamenti negli habitat indotti dal clima.

Quest’anno la Conferenza sul Clima delle Nazioni Unite sarà ospitata in Africa –per l’esattezza in Egitto- cioè in un continente che risente già profondamente degli effetti di un mondo che si sta surriscaldando.

“Il Rapporto IPCC sottolinea le conseguenze della nostra inerzia sottolinea Midulla – Per il WWF, i leader mondiali devono ascoltare gli avvertimenti della comunità scientifica e cambiare passo sia nell’azione per eliminare le cause della crisi climatica (emissioni derivanti dall’uso dei combustibili fossili, dalla deforestazione, ecc), sia nell’azione volta ad adattarci ai cambiamenti ormai inevitabili e cercare di minimizzare i costi per le persone, per le economie e per la natura. Nonostante i progressi, alla COP 26 di Glasgow i governi hanno lasciato i negoziati con un enorme divario tra le indicazioni della comunità scientifica e l’ambizione globale sull’ abbattimento delle emissioni, nonché quella sull’adattamento e su Loss&Damege, (perdite e danni), quest’ultima voce per la prima volta presa in considerazione dal rapporto. Questo nuovo rapporto dell’IPCC ci dice che quel gap va colmato, subito”.