Inquinamento in città: servono strategie individuali e collettive per arginare il problema complesso dello smog: un mix di inquinanti che interagiscono tra di loro e ci espongono a seri rischi per la salute. L’analisi di Altroconsumo.
La qualità dell’aria che respiriamo nelle nostre città è da anni una delle principali preoccupazioni delle amministrazioni pubbliche, sollecitate dai limiti imposti dalle normative europee e nazionali, che richiedono l’adozione di valori più bassi per diversi inquinanti. Bisogna innanzitutto identificare le principali cause dell’inquinamento atmosferico per affrontarlo sia sul piano delle responsabilità individuali sia sul piano istituzionale e politico. Solo così, tutti insieme, si può contrastare un problema ambientale che ha ricadute importanti sulla nostra vita e sulla nostra salute.
Da dove arrivano gli inquinanti dell’aria urbana?
Alcuni inquinanti sono considerati i principali indicatori della qualità dell’aria.
Particolato. Uno dei più temuti è il particolato, un mix di polveri che può avere un’origine naturale, quando per esempio proviene da incendi, eruzioni vulcaniche o erosione delle rocce, ma spesso deriva dalle attività dell’uomo: processi industriali, l’edilizia e certamente il traffico di veicoli. Nel caso delle automobili non sono solo le marmitte a emettere polveri, ma anche l’erosione delle parti meccaniche del veicolo contribuiscono, a partire dallo sfregamento degli pneumatici sull’asfalto o delle pastiglie dei freni contro i dischi. I veicoli pesanti, come i camion, producono maggiore particolato da attrito. Le polveri sono insidiose per le loro dimensioni ridotte, che consentono l’inalazione profonda nelle vie respiratorie, causando così problemi cardiovascolari e respiratori. Quando si parla di particolato, infatti, i numeri sono davvero microscopici: un millesimo di millimetro per il PM10 o l’ancora più piccolo PM2,5.
Ossidi di azoto. Hanno un’origine naturale (eruzioni vulcaniche, incendi…), ma soprattutto antropica, legata alla combustione ad alta temperatura, come quella che avviene nei motori delle auto. Altre fonti di ossidi di azoto sono le centrali termoelettriche e in genere tutti gli impianti di combustione di tipo industriale. Se le emissioni sono continue, come nelle aree urbane a forte traffico, gli NOx possono portare alla produzione di inquinanti secondari, tra questi il biossido di azoto è il più temuto perché è irritante per l’apparato respiratorio. Gli ossidi di azoto contribuiscono anche alla formazione delle piogge acide.
Ammoniaca. Un gas dall’odore pungente, irritante e tossico, che contribuisce alla formazione di particolato secondario. Le sorgenti maggiori di ammoniaca sono le attività agricole e, in misura minore, il trasporto stradale, il trattamento dei rifiuti, stufe e camini e la combustione di carburanti. Le emissioni di ammoniaca contribuiscono all’incremento di piogge acide.
Smog, un fenomeno complesso che ha origine da traffico e riscaldamento
In città le fonti di inquinamento sono principalmente due: il traffico e, d’inverno, anche il riscaldamento delle case. C’è una serie di altre cause che incidono sulla qualità complessiva dell’aria, come i fattori atmosferici (vento, pioggia…) o anche altre sorgenti vicine alle città, come le industrie che producono energia, ma anche le attività agricole e gli allevamenti. Le emissioni sono maggiori dove le attività dell’uomo sono più concentrate, come le città, e quindi è qui che la qualità dell’aria risulta più scadente. Si stima che circa tre italiani su quattro vivano in un territorio inquinato in cui c’è una concentrazione di polveri sottili superiori ai limiti stabiliti per la tutela della salute. Nel 2023 sono state 58 le città in cui la concentrazione media di polveri sottili ha superato il limite di riferimento di 10 microgrammi per m3, o addirittura situazioni peggiori in cui si è superato il doppio del limite: nei primi mesi del 2023, Cremona è stata la provincia peggiore, seguita da Monza, Milano, Mantova e Padova.
Cosa può fare il singolo cittadino e cosa spetta agli amministratori delle città
Le azioni per ridurre le emissioni inquinanti possono essere individuali o collettive, nessuno è chiamato fuori da questa battaglia fondamentale. Non sempre però il nostro sforzo è ripagato. Per esempio, decidere di diminuire il consumo di carne è una scelta individuale che ha un impatto limitato sulla riduzione della quantità di animali allevati e quindi sulle emissioni coinvolte. Se, però, si facesse una campagna per spiegare ai cittadini i benefici di una dieta vegetariana (non solo sull’ambiente e per gli animali allevati, ma anche sulla propria salute ), la scelta potrebbe diventare collettiva e rivelarsi quindi più efficace in termini di impatto ambientale. Anche fare lo sforzo di abbandonare la macchina a favore dei mezzi pubblici non è risolutivo se possono farlo in pochi perché le amministrazioni non offrono valide alternative, come mezzi pubblici funzionanti e città a misura di persona più che di automobile. Non basta aumentare il numero di piste ciclabili, bisogna ripensare l’intera circolazione urbana ricorrendo per esempio al modello di città a 30 km orari, che favorisce la possibilità di muoversi anche a piedi in sicurezza. Per farlo il numero di automobili deve diminuire drasticamente, ma questo dipende anche dalle scelte politiche del proprio Comune. Anche sostituire il camino con una stufa a pellet di ultima generazione consente di ridurre le proprie emissioni, ma la qualità dell’aria non migliorerà significativamente a meno che il passaggio a fonti energetiche pulite non sia fatto a livello collettivo, creando una comunità energetica.
Alcune scelte individuali possono ridurre l’inquinamento
Anche alcune scelte individuali possono contribuire a ridurre l’inquinamento dell’aria. Ecco i nostri consigli pratici.
Abbassare la temperatura in casa anche solo di un grado
La prima azione, semplice e immediata, consiste nell’abbassare la temperatura in casa anche di un solo grado. Non è necessario riscaldare la zona giorno oltre i 20 °C (limite imposto dalla normativa con una tolleranza di 2 gradi) né oltre i 16-18 °C nella zona notte, anzi: temperature più alte non fanno bene alla salute. Basta ridurre di un grado la temperatura per risparmiare circa l’8% dei consumi. Se consideriamo un consumo medio di circa 1.100 m3 di gas l’anno per il riscaldamento, in totale si risparmierebbero 1,8 miliardi di metri cubi se tutti abbassassero di un grado la temperatura. Con una notevole riduzione delle emissioni.
Case green e caldaia nuova
Anche usare una sorgente di riscaldamento più sostenibile, sostituendo i vecchi impianti, è una scelta che riduce l’inquinamento. La direttiva Ue sulle “case green”, una serie di misure introdotte con l’obiettivo di migliorare le prestazioni energetiche degli immobili, prevede per il futuro il divieto di installazione di sistemi a riscaldamento fossili, quindi delle tradizionali caldaie a combustione, che potrebbero essere vietate nel 2025 per le nuove costruzioni o per gli immobili in ristrutturazione. Le pompe di calore elettriche sono l’alternativa che viene spinta per la maggiore per far diventare “più green” le nostre case. Questa tecnologia infatti non prevede combustione e utilizza energia elettrica che, se è da fonti rinnovabili, permette di avere un impatto ambientale nullo in fase di utilizzo. A patto di fare una manutenzione adeguata.
Usare poco l’automobile
Anche ridurre il più possibile l’utilizzo dell’auto privata in città aiuta a evitare emissioni inquinanti. Se poi si sceglie di spostarsi con mezzi leggeri e che richiedono attività fisica (come biciclette, monopattini…), i benefici sono anche sulla salute, sui costi, sui tempi di spostamento, sul rumore, sul consumo di suolo e in generale sulla vivibilità della città.
L’ambiente è tra le priorità della campagna Impegnati a cambiare. Vai sulla piattaforma per saperne di più: www.impegnatiacambiare.org