La vera sfida per lo sviluppo economico ed occupazionale del Paese viene dalla green economy. E’ quanto sostiene CONAI nello studio “Ricadute occupazionali ed economiche nello sviluppo della filiera del riciclo dei rifiuti urbani”, presentato nell’ambito del gruppo di lavoro 2 della 3° edizione degli Stati Generali della Green Economy, il cui tema centrale di quest’anno è “Lo sviluppo delle imprese della green economy per uscire dalla crisi italiana”.
Lo studio realizzato da CONAI, in collaborazione con Althesys, valuta quali ricadute occupazionali ed economiche per il nostro Paese si possano conseguire con il raggiungimento degli obiettivi europei al 2020, che fissano al 50% il riciclo dei rifiuti urbani.
La sessione dedicata all’”Economia Del Riciclo Dei Rifiuti” tenutasi il 5 novembre, coordinata da CONAI e da COBAT, ha visto i principali attori della filiera del riciclo confrontarsi circa le prospettive di crescita economica e le concrete proposte di sviluppo del settore industriale del recupero.
“La normativa europea sui rifiuti” ha dichiarato Walter Facciotto, Direttore Generale di CONAI “ha fissato obiettivi più ambiziosi rispetto al passato che a nostro avviso solo attraverso lo sviluppo della green economy potranno essere raggiunti. In particolare ciò significa realizzare una più marcata industrializzazione della filiera italiana del waste management: dalle economie di scala, agli investimenti in infrastrutture, fino allo sviluppo dell’innovazione e della ricerca.”
La gestione dei rifiuti urbani oggi
Ad oggi, la situazione italiana nella gestione dei rifiuti urbani è ancora eterogenea. A livello Paese circa un terzo dei rifiuti urbani è avviato a riciclo e il ricorso alla discarica supera di poco il 40%: al Nord viene conferito in discarica solo il 22% dei rifiuti a fronte del 60% delle Regioni del Sud.
L’evoluzione al 2020
Lo studio di CONAI elabora due possibili scenari. Il primo scenario è definito teorico e prevede il raggiungimento del 50% del riciclo dei rifiuti urbani nelle tre macro aree Nord, Centro e Sud ed il conseguente sostanziale superamento del ricorso alla discarica.
Il secondo scenario, definito prudente, tiene conto delle attuali differenti situazioni ed ipotizza il raggiungimento di un tasso medio nazionale di riciclo dei rifiuti urbani al 50%, con punte minime al 40% e punte massime al 61%. In questo scenario, il conferimento in discarica si ridurrebbe di 4 milioni di tonnellate, ovvero rispetto al 2013 del 20% al Centro Sud e del 10% al Nord.
Gli effetti sull’occupazione
Nello scenario prudente, gli addetti aggiuntivi (occupazione diretta e indiretta) della filiera del riciclo (raccolta differenziata, trasporto, selezione e riciclo al netto dell’occupazione persa in altri settori, come per esempio le discariche) sarebbero circa 76.400, cui si andrebbero ad aggiungere ulteriori 12.600 posti creati dalla nuova necessaria infrastruttura impiantistica, per un totale di 89.000 nuovi posti di lavoro.
Gli effetti occupazionali sarebbero più evidenti al Centro e al Sud, grazie al solo decollo della raccolta differenziata, mentre al Nord il maggiore impatto occupazionale si avrebbe nell’implementazione dell’industria del riciclo.
Le ricadute economiche complessive
L’occupazione non è l’unico fattore a beneficiare della diffusione e del rafforzamento dei sistemi di gestione integrata dei rifiuti. Il volume d’affari incrementale della filiera (raccolta differenziata, trasporto, selezione, produzione di semilavorati per il riciclo, compostaggio, termovalorizzazione etc.) nello scenario prudente è valutato pari a circa 6,2 miliardi, gli investimenti in infrastrutture in 1,7 miliardi, mentre il valore aggiunto generato da tali attività sarebbe di 2,3 miliardi.
Rilevanti potranno essere i benefici economici netti, cioè la differenza i benefici generati dal sistema CONAI e i costi. Un precedente studio di Althesys, infatti, ha valutato che, per la sola filiera del riciclo degli imballaggi da rifiuti urbani, dal 1998 al 2012 i benefici netti sono pari a circa 12,7 miliardi di euro.