Le imprese italiane della green economy sono diventate una parte decisiva e qualificante dell’economia. Questo è il messaggio emerso dagli Stati Generali della Green Economy, che si sono conclusi ieri a Rimini, nell’ambito di Ecomondo-Key Energy-Cooperambiente.
Oltre a Gian Luca Galletti, Ministro dell’Ambiente, sono intervenuti più di 70 relatori, tra cui numerosi esperti internazionali, e oltre 2.000 partecipanti, a cui vanno aggiunti tutti coloro che hanno seguito la diretta streaming.
L’appuntamento ‘verde’ annuale, che riunisce tutto il mondo dell’economia green per elaborare nuove proposte da indirizzare al Governo, ha registrato anche grande partecipazione on line al dibattito e l’hashtag della manifestazione #statigreen15 è stato trending topic nella giornata del 3 novembre con quasi 100.000 account raggiunti (99.892) per complessive 263.000 impressions (visualizzazioni totali).
“Gli Stati Generali del 2015 – ha detto Edo Ronchi, del Consiglio Nazionale della Green Economy – hanno registrato una presenza consistente di imprese green di numerosi settori. Una presenza che però è poco valorizzata sui media e segnala una differenza fra la presenza reale e la percezione della forza della green economy in Italia. Occorre superare questo gap di comunicazione in modo tale che questa realtà, parte decisiva e qualificante dell’economia italiana, possa essere finalmente conosciuta”.
Le novità dell’edizione 2015 sono state la Relazione sullo stato della green economy realizzata dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile che ha fotografato tutte le imprese green italiane e una forte impronta internazionale, specialmente nelle 5 sessioni pomeridiane di approfondimento e consultazione, che hanno elaborato alcune proposte discusse nella sessione. La Relazione, che diventerà un appuntamento annuale, ha dimostrato una crescita consistente dell’imprenditoria green in Italia: oltre 4 imprese su 10 hanno infatti oggi un “marchio” verde.
Si tratta di un ampio studio sulle imprese italiane dell’economia verde, quelle che producono beni di qualità ecologica e servizi ambientali (core green) e quelle che hanno adottato modelli di gestione green (go green).
La Relazione riguarda l’industria, l’edilizia, l’agricoltura, i servizi e il commercio ed è divisa in tre parti: la prima presenta i risultati di un’indagine sulle imprese della green economy in Italia, la seconda disegna un quadro delle tematiche strategiche per la green economy in Italia e la terza fornisce dati e spunti internazionali.
Le imprese green sono il 42% sul totale delle imprese italiane (27,5% core green, 14,5% go green). Il maggior numero si trova nel settore dell’industria (440 mila imprese e 4,2 milioni di occupati nel 2014), dove rappresentano il 61,2%, con oltre 248 mila imprese (il 35,4% core green, il 25,8% go green). A seguire il settore dell’edilizia (complessivamente più di 500 mila imprese e 1,56 milioni di occupati nel 2014), in cui la crisi del mercato immobiliare, che ha messo in difficoltà l’edilizia tradizionale dedicata soprattutto a nuove costruzioni, ha spinto molte imprese a orientarsi verso lavori più green (le aziende a vocazione ambientale raggiungono il 51,4%). Anche nell’agricoltura (1,4 milioni di imprese e 907 mila occupati nel 2014) la crisi ha portato significativi miglioramenti ambientali tanto che le aziende green sono il 56,1%.
Nel settore commercio e alberghiero (1,42 milioni di imprese e 5 milioni di occupati nel 2014), le imprese a indirizzo green, sommando le core green e le go green, raggiungono il 29,5%. Nel settore dei servizi (1,67 milioni di imprese e 6,3 milioni di occupati nel 2014), che comprende trasporti e logistica, servizi di informazione e comunicazione, servizi finanziari e assicurativi, attività immobiliari, noleggio, agenzie di viaggio etc, le imprese a indirizzo green cominciano ad avere una certa consistenza con un 25,2%.
Le imprese green poi vincono sul fatturato: sono, infatti, più del 21% quelle che hanno visto aumentare il fatturato nel 2014 contro il 10,2% delle altre imprese. Anche sulle esportazioni è premiato il verde: le core green che esportano sono il 19,8%, le go green addirittura il 26,5% contro il 12% delle altre.