Dopo una trattativa complessa e burrascosa, i 195 paesi partecipanti alla confernza Onu a Lima sul cambiamento climatico (Cop20) hanno raggiunto un accordo. Il documento, ufficialmente battezzato come la Lima Call for Climate Action – costituisce la base dell’intesa internazionale che dovrà essere siglata il prossimo anno al vertice di Parigi (Cop21). Da lì dovrebbe uscire un documento destinato a sostituire il protocollo di Kyoto dal 2020.
Il risultato, importante a livello di adesione, perché per la prima volta è stato ottenuto il consenso di tutte le economie ad adottare limiti nella produzione di gas serra, lascia però qualche dubbio a livello ‘contenutistico’.
I Paesi dovranno presentare all’Onu entro il 1° ottobre 2015 impegni ‘quantificabili’ ed ‘equi’ di riduzione delle emissioni, oltre a una dettagliata informazione sulle azioni da seguire. Per riuscire a coinvolgere tutti i paesi della Convenzione si è deciso, quindi, di lasciare totale autonomia e libertà d’azione nel porsi l’impegno climatico da raggiungere. Fermo restando che spetterà agli esperti della convenzione del cambiamento climatico (Ipcc) di esaminare l’impatto di tali misure per ogni singolo Paese per verificare se sono sufficienti affinché la temperatura non salga oltre i due gradi in più rispetto a prima della rivoluzione industriale. Sulla base del documento approvato, i Paesi firmatari s’impegnano a rispettare una serie di azioni in vista di Cop21, il cui obiettivo è l’adozione di un accordo universale e vincolante per limitare il riscaldamento climatico a 2 gradi.
Il testo però non ha convinto la maggior parte delle associazioni ambientaliste, che hanno definito l’accordo ‘debole’ e assolutamente inconcludente.