Con l’entrata in vigore delle misure a zona per il contenimento del contagio da Covid-19, introdotte dal Governo con il DPCM pubblicato il 3 novembre e valido fino al 3 dicembre 2020, concessionarie e officine di autoveicoli restano aperte su tutto il territorio nazionale, comprese le cosiddette “zone rosse”, che al momento interessano le regioni Calabria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta.
Le attività della rete di vendita e assistenza autoveicoli, insieme a quelle di rivenditori di parti e accessori, rientrano, infatti, nella lista delle attività di commercio al dettaglio necessarie. La loro apertura al pubblico è ovviamente soggetta al rispetto delle disposizioni relative all’autocertificazione dei movimenti e all’applicazione del protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19, sottoscritto il 24 aprile scorso. Quanto a quest’ultimo, poi, molte realtà commerciali e industriali della filiera automotive l’avevano anticipato già nelle prime settimane del lockdown di marzo-aprile, grazie alla sottoscrizione di specifici protocolli aziendali tuttora in vigore a potenziamento delle misure vigenti.
Stiamo parlando di soggetti che svolgono importanti funzioni di servizio alla mobilità delle persone e delle merci, a maggior ragione in un momento in cui la mobilità privata vede rafforzato il suo ruolo a protezione della sicurezza delle persone.
“In una fase così difficile per il Paese, la filiera automotive italiana non può che sposare pienamente l’appello a rispettare tutte le prescrizioni e misure di sicurezza in vigore per contrastare l’aggravamento della pandemia – afferma Gianmarco Giorda, Direttore di ANFIA – a tutela di tutti i lavoratori, fornitori e clienti. Proseguire le attività in sicurezza è quantomai importante in questi mesi, per evitare un nuovo tracollo del mercato, che provocherebbe conseguenze devastanti per il settore. Voglio ricordare quanto duramente quest’ultimo sia stato colpito dal precedente lockdown nazionale, che aveva visto la chiusura dei concessionari dal 12 marzo al 3 maggio e la sospensione delle attività produttive non essenziali dal 22 marzo, con il conseguente quasi azzeramento delle vendite di autovetture (-85,4% a marzo e -97,5% ad aprile, con un ribasso del 51% nel bimestre, rispetto a marzo-aprile 2019) e crolli molto pesanti anche nei comparti dei veicoli commerciali e industriali. Ora che la domanda di auto, dallo scorso agosto, è risultata in recupero grazie alla spinta degli incentivi – il consuntivo dei primi 10 mesi del 2020 è comunque a -30,9% e per fine anno è prevista una contrazione complessiva del 25% rispetto al 2019 – un ulteriore arresto sarebbe impensabile.
Guardando al futuro – conclude Giorda – riteniamo indispensabile un rinnovo delle misure di sostegno alla domanda, secondo una strategia mirata a premiare l’acquisto delle vetture con emissioni di CO2 più in linea con gli obiettivi europei di decarbonizzazione della mobilità, instradando così i consumatori verso un cambio di paradigma che investe anche le loro scelte d’acquisto, modalità di fruizione della mobilità e abitudini di spesa. Accanto a questo, è fondamentale attuare, nella cornice del Recovery Plan, un piano di interventi per il riposizionamento strategico e il vantaggio competitivo della filiera industriale automotive italiana, chiamata a uscire vittoriosa non solo dalla crisi Covid, ma anche dalla rivoluzione green e digitale”.