Le comunità energetiche attualmente presenti in Italia sono poco più di 20, con istallazioni di taglia compresa tra i 20 e i 50 kilowatt picco; ma con la spinta del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che prevede finanziamenti specifici per favorire la diffusione delle modalità di autoproduzione e autoconsumo collettivo, si riuscirebbe a produrre un quantitativo di energia di circa 2.500 GWh annui, in grado di evitare l’emissione di 1,5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Sono alcuni degli elementi che emergono dall’Orange Book “Le comunità energetiche in Italia”, curato da RSE e dalla Fondazione Utilitatis, in collaborazione con Utilitalia.
Il Pnrr prevede finanziamenti specifici per favorire la diffusione delle modalità di autoproduzione e autoconsumo collettivo stabilite dalla normativa italiana, stanziando per le comunità energetiche rinnovabili e i sistemi di autoconsumo collettivo oltre 2 miliardi di euro. L’investimento mira ad installare circa 2.000 MW di nuova capacità di generazione elettrica in configurazione distribuita da parte di comunità delle energie rinnovabili e auto-consumatori. Ipotizzando una produzione annua da fotovoltaico di 1.250 kWh per ogni kW, si produrrebbero così circa 2.500 GWh annui, in grado di evitare l’emissione di 1,5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno.
La maggiore diffusione delle comunità energetiche sarebbe coerente sia con i target nazionali ed europei sulla transizione ecologica, sia con la necessità di mettere in campo azioni strutturali contro il caro bollette. Da un lato, si osserva nello studio, le comunità possono contribuire ad accelerare l’utilizzo di energie da fonti rinnovabili e a favorire la ricerca di nuove soluzioni per aumentare l’efficienza dei sistemi esistenti, stimolando l’innovazione tecnologica per ridurre al minimo l’impatto ambientale senza compromettere la crescita e lo sviluppo sostenibile. Dall’altro lato, la diffusione delle comunità energetiche può costituire un importante strumento di contrasto alla povertà energetica: a fronte della recente volatilità dei prezzi di fornitura, tali realtà possono permettere di contenere i costi sia per le utenze domestiche che per quelle non domestiche.
Il lavoro ha analizzato le esperienze provenienti da studi e progetti pilota implementati da alcune società – Acea, A2A, Hera e Iren – particolarmente attente allo sviluppo delle potenzialità dell’autoconsumo collettivo e delle comunità energetiche rinnovabili, permettendo di identificare alcuni significativi punti di interesse. Emergono vantaggi dal lato dei costruttori, identificabili nella riduzione della complessità impiantistica e nella valorizzazione dell’immobile, e anche per i condomini, dovuti alla riduzione delle spese per la fornitura elettrica e l’incremento del controllo e consapevolezza dei consumi attraverso la possibilità di un preciso monitoraggio. Lo studio evidenzia infine alcuni elementi pratici su cui è importante porre l’attenzione. Dal punto di vista tecnico, una puntuale e ponderata individuazione dell’edificio destinato all’installazione degli impianti, con caratteristiche favorevoli, sia strutturali sia di esposizione al sole. Dal punto di vista sociale emerge la necessaria capacità di coinvolgimento e assistenza, per accompagnare gli eventuali membri delle comunità energetiche rinnovabili nei vari adempimenti e nei processi autorizzativi necessari.