Nei giorni scorsi si è acceso il dibattito sul recepimento da parte dell’Italia della Direttiva Europea “Single Use Plastic” (SUP).
Il testo originale della direttiva Europea introduce limiti, vincoli e restrizioni per numerosi articoli usa e getta in plastica, con l’obiettivo di ridurne l’utilizzo e la dispersione in ambiente. Dieci tipologie – per le quali, secondo Bruxelles, esistono già oggi valide alternative – non potranno più essere messe in commercio a partire dal 3 luglio: bastoncini cotonati per la pulizia delle orecchie, piatti e posate (forchette, coltelli, cucchiai, bacchette), cannucce, mescolatori per bevande e aste per palloncini, i contenitori con o senza coperchio (tazze, vaschette con relative chiusure) in polistirene espanso (EPS) per consumo immediato o asporto di alimenti senza ulteriori preparazioni, nonché contenitori per bevande e tazze sempre in EPS. La Direttiva SUP introduce la responsabilità estesa del produttore per altri manufatti monouso, con accollamento dei relativi costi di raccolta e smaltimento – come nel caso dei filtri di sigarette e delle reti da pesca – e vengono fissati target di raccolta e riciclo più restrittivi per le bottiglie: 77% di quanto immesso al consumo entro il 2025 e 90% al 2029; inoltre, a partire dal 2025, le bottiglie in plastica dovranno contenere un minimo del 25% di materiale riciclato, valore che salirà al 30% nel 2030. Inoltre la direttiva Europea sottolinea come nei divieti siano comprese le plastiche biodegradabili (art. 11 “La plastica fabbricata con polimeri naturali modificati o con sostanze di partenza a base organica, fossili o sintetiche non è presente in natura e dovrebbe pertanto rientrare nell’ambito di applicazione della presente direttiva. La definizione adattata di plastica dovrebbe pertanto coprire gli articoli in gomma a base polimerica e la plastica a base organica e biodegradabile, a prescindere dal fatto che siano derivati da biomassa o destinati a biodegradarsi nel tempo. “)
Proprio l’inserimento delle bio-plastiche fra i divieti ha aperto il dibattito Italiano: il nostro Paese è estremamente all’avanguardia nello studio e nella realizzazione dei bio-polimeri, che rappresentano un settore in forte espansione: nel 2020, in Italia l’industria delle plastiche biodegradabili e compostabili è rappresentata da 278 aziende, suddivise in produttori di chimica e intermedi di base (4), produttori e distributori di granuli (21), operatori di prima trasformazione (193), operatori di seconda trasformazione (60), con 2.775 addetti dedicati, oltre 110.000 tonnellate di manufatti compostabili prodotti e un fatturato complessivo di 815 milioni di euro. A tutela del settore la direttiva Europea è stata recepita esentando dai divieti i manufatti in bioplastica biodegradabile e compostabile certificata. Su questo punto si è aperta la discussione che vede spaccato anche il fronte ambientalista: Legambiente a favore dell’esclusione e Greenpeace contrario.
In questo momento risultano, in vista del recepimento definitivo (entro il 3 luglio), fitti contatti fra Governo Italiano e Comunità Europea, che dopo i primi pareri assolutamente contrari all’esenzione delle bio-plastiche, hanno aperto a nuove valutazioni. L’annuncio arriva dal Ministro Cingolani su Radio 24: “l’accordo è che si continueranno a rivedere le linee guida in funzione delle nuove soluzioni tecnologiche, ed è stato riconosciuto il fatto che, se ho un bicchiere di carta che è il 90% carta e il 10% plastica, non me lo pesano come tutto plastica, ma riconoscono che c’è solo il 10%”.
Fonte: www.esper.it