Carta riciclata e tuberi per salvare le acque inquinate. Finanziato dalla regione Toscana con il Fondo europeo per lo sviluppo regionale 2014-2020, Nanobond ha sviluppato un nuovo materiale ecocompatibile per pulire le acque, applicando la ricerca scientifica all’industria, e mettendo poi i risultati a disposizione di tutti. Al progetto hanno partecipato anche Bartoli S.p.A. azienda cartaria; Biochemie Lab s.r.l.; Ergo s.r.l., Labromare s.r.l., l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), e il Consorzio interuniversitario Nazionale per la scienza e tecnologia dei materiali (INSTM), con al suo interno l’Università di Siena, Pisa, Torino e il Politecnico di Milano.
La ricerca sul “nanomondo” dei materiali ha permesso di costruire membrane geotessili drenanti, vere e proprie spugne, che permettono di dragare le acque e i sedimenti contaminati. Tutto questo senza che ci sia un impianto di depurazione delle acque, “con notevole risparmio economico soprattutto su bacini d’acqua molto grandi, quali canali di bonifica o aree portuali, come ad esempio il porto di Livorno o la darsena dei navicelli dove abbiamo testato il progetto” dice Aiello.
La decontaminazione avviene attraverso l’utilizzo di nanospugne sviluppate al Politecnico di Milano e all’Università di Torino, e appositamente ri-progettate nell’ambito di Nanobond seguendo il principio dell’eco-design, cioè con un particolare occhio di riguardo alla loro sostenibilità e sicurezza ambientale, ai fini del trattamento delle acque e dei sedimenti. “Già questo basterebbe a definire il progetto sostenibile – commenta Corsi – , ma Nanobond ha aggiunto un tassello in più. I nanomateriali che abbiamo utilizzato per produrre queste “spugne” provengono da scarti: per questo tra i partner di progetto c’è anche Bartoli, un’azienda cartaria.
Le nanospugne sono prodotte da cellulosa recuperata da carta da macero, da biomassa destinata allo smaltimento, o da amido ricavato da prodotti di scarto organico – tuberi oppure mais”. La missione del progetto infatti non è soltanto quella di elaborare una strategia di bonifica delle acque inquinate, ma farlo utilizzando dei materiali che di per sé non sono nocivi per l’ambiente. “Ecosostenibili e ecocompatibili” dice Corsi.
“In un certo senso abbiamo anticipato i pilastri del Green Deal europeo: zero pollution ed economia circolare. C’era già tutto dentro” dice Corsi. Nanobond è diventato un Interreg, e altri paesi europei sono ora coinvolti nel progetto, che è diventata una “best practice”.
“Abbiamo deciso di non richiedere il brevetto – dice Corsi – , è un progetto finanziato con fondi pubblici e i risultati devono essere a portata di tutti”.
FONTE: Repubblica