Alla fine, dopo due settimane (e due giorni supplementari) di defatiganti negoziati, i quasi 200 Paesi riuniti alla 24esima Conferenza della parti dell’United Nations framework convention on climate change(Cop24 Unfccc) ce l’hanno fatto ad adottare quello che l’Onu definisce un «robusto insieme di linee guida per l’importante Accordo di Parigi del 2015, mirato a mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2° C rispetto ai livelli preindustriali».
Non è esattamente quel che chiedevano le associazioni ambientaliste e i Paesi poveri, ma almeno si è evitato un clamoroso fallimento e gli applausi che hanno accolto a Katowice la notizia dell’Accordo sono stati liberatori, dopo che la rottura era stata sfiorata decine di volte. Il presidente della Cop24 Unfccc, il polacco Michal Kurtyka, ha ringraziato le centinaia di delegati ancora presenti per la loro pazienza.
Soddisfatta la segretaria esecutiva dell’Unfccc, Patricia Espinosa, che fino in fondo a creduto in un possibile accordo: «Katowice ha dimostrato ancora una volta la resilienza dell’Accordo di Parigi, la nostra solida roadmap per l’azione climatica». Una svolta positiva dovuta anche all’impegno determinato e in prima persona del segretario generale dell’Onu António Guterres, che ha fatto degli impatti del cambiamento climatico una delle massime priorità del suo mandato e che nelle ultime due settimane è tornato tre volte a Katowice per impedire che i negoziati fallissero a causa dell’ostilità e del boicottaggio di un gruppo di Paesi (Arabia Saudita, Usa, Russia e Kuwait) ai quali nelle ultime concitate giornate si è aggiunto anche il Brasile. La svolta è stata la disponibilità della Cina ad accettare riduzioni vincolanti delle sue emissioni.
Una delle componenti chiave del “pacchetto Katowice” è un dettagliato quadro per la trasparenza che punta a promuovere la fiducia tra i Paesi del mondo sul fatto che tutti stanno facendo la loro parte nell’affrontare i cambiamenti climatici, e stabilisce in che modo i governi forniranno informazioni sui loro piani d’azione nazionali, compresa la riduzione delle emissioni di gas serra, e sulle misure di mitigazione e adattamento. È stato anche raggiunto un accordo su come contabilizzare in modo uniforme le emissioni di gas serra, e se i Paesi più poveri ritengono di non poter rispettare gli standard stabiliti, possono spiegare perché e presentare un piano per rafforzare le loro capacità in tal senso.
Sulla spinosa questione del finanziamento dell’azione climatica nei Paesi in via di sviluppo da parte dei Paesi sviluppati, il documento stabilisce un modo per decidere nuovi obiettivi più ambiziosi, dal 2025 in poi, rispetto all’attuale impegno di mobilitare 100 miliardi di dollari l’anno a partire dal 2020.
Un altro risultato di questi negoziati che stavano per fallire è che i Paesi hanno concordato su come valutare collettivamente l’efficacia dell’azione per il clima nel 2023, e su come monitorare e segnalare i progressi nello sviluppo e nel trasferimento di tecnologia.
Ma alla Cop24 di Katowice non si è riusciti a trovare l’accordo sull’articolo 6 che riguarda ai cosiddetti “meccanismi di mercato” che consentono ai Paesi di soddisfare una parte dei loro obiettivi di mitigazione nazionali, una questione chiave che dovrà essere ridiscussa alla Cop25 Unfccc che si terrà in Cile nel 2019 o – speriamo di no – addirittura alla Cop26 che si terrà in Italia. L’articolo 6 dovrebbe regolamentare i “mercati del carbonio” – o “scambio di emissioni di carbonio” – che consentono ai Paesi di scambiare le loro quote di emissioni. L’Accordo di Parigi riconosce la necessità di regole globali in materia per salvaguardare l’integrità degli sforzi di tutti i Paesi e garantire che ogni tonnellata di emissioni rilasciate nell’atmosfera venga contabilizzata.
Ma a Katowice sono stati raggiunti anche importanti accordi bilaterali e partnership internazionali: Germania e Norvegia hanno promesso che raddoppieranno i loro contributi al Green climate fund, istituito per consentire ai Paesi in via di sviluppo di agire contro il cambiamento climatico; la Banca Mondiale ha annunciato che dopo il 2021 aumenterà il suo impegno per l’azione climatica a 200 miliardi di dollari; il Climate adaptation fund ha ricevuto un totale di 129 milioni di dollari.
Anche alcune grandi imprese hanno mostrato un forte coinvolgimento, come le multinazionali dello sport e della moda, con il lancio di Sports for climate action framework e la Fashion industry charter for climate action, che hanno aderito al movimento per allineare le pratiche commerciali di settore agli obiettivi dell’accordo di Parigi.
Il prossimo appuntamento per i leader mondiali è il 23 settembre 2019 a New York, dove il segretario generale dell’Onu ha convocato un vertice mondiale sul clima perché i governi ai massimi livelli si impegnino a dare gambe e fiato all’accordo faticosamente raggiunto a Katowice.
Fonte: di Umberto Mazzantini www.greenreport.it