Digitalizzazione: il settore delle utility è tra i più attivi nella trasformazione digitale: lo studio di Fondazione Utilitatis, in collaborazione con Agici, presenta un’analisi aggiornata e offre numerose proposte di intervento per efficientare la produzione, migliorare i processi e la trasparenza dei servizi pubblici.
I settori industriali dell’energia, del ciclo idrico e della gestione dei rifiuti hanno assunto un impegno crescente in direzione della digitalizzazione. Le utility italiane hanno investito nell’ultimo anno quasi 300 milioni di euro (297) in tecnologie quali gli smart meter, l’informatizzazione dei processi aziendali, il telecontrollo e lo sviluppo hardware e software per la gestione delle reti. Nel 2021 ben l’82% delle utility ha effettuato almeno un investimento in digitalizzazione, tra ricorso a tecnologie digitali, evoluzione dei modelli organizzativi e innovazione nei modelli di business. Sono alcuni dei risultati che emergono dallo studio “La digitalizzazione delle utility: la chiave per efficientare la produzione, migliorare i processi e garantire la trasparenza dei servizi pubblici del futuro”, realizzato dalla Fondazione Utilitatis in collaborazione con AGICI e presentato ieri a Milano presso Palazzo Turati.
L’Italia vanta il primato mondiale di diffusione dei contatori intelligenti nel mercato elettrico (98%), cui si somma il 73% dei contatori intelligenti per il gas (secondo miglior dato dopo l’Olanda). Il settore idrico è invece in ritardo: nonostante solo l’1,3% del totale delle utenze servite registri assenza dei misuratori, manca ancora un diffuso sistema di smart metering, che potrebbe consentire ai consumatori un uso più razionale dell’acqua e una conseguente riduzione dei consumi. Nel settore energetico, a fronte di investimenti relativamente limitati per la digitalizzazione degli asset, si stimano miglioramenti della produzione e del rendimento tra il 2-10% ma soprattutto una riduzione dei costi tra il 10-30% e una estensione della vita utile degli impianti di generazione fino a 5 anni.
Nella gestione dei rifiuti, la digitalizzazione al servizio della tariffa puntuale è un fattore abilitante che può consentire di incrementare la raccolta differenziata anche del 30%. Per il servizio idrico il controllo centralizzato digitale determina benefici nell’ordine del 15% di perdite evitate, del 30% di energia risparmiata e del 20% di produttività.
Con la strategia digitale del 2020[1], l’Unione europea ha fornito un quadro generale della trasformazione digitale e dei relativi benefici per i cittadini e per le imprese (anche per favorire il conseguimento della neutralità climatica al 2050), mentre tra gli obiettivi del Digital Compass al 2030 si prevede che 3 aziende su 4 dovranno utilizzare servizi di cloud computing, big data e intelligenza artificiale. Anche il PNRR prevede ingenti risorse: 623mln di euro per l’obiettivo “Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA”, destinato a imprese di interesse nazionale e con funzioni essenziali. Tra le misure è compreso l’Investimento 4.2 “Riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua, compresa la digitalizzazione e il monitoraggio delle reti”, che mira alla trasformazione della rete idrica in “rete intelligente”.
Per il presidente di Fondazione Utilitatis, Stefano Pareglio, “questo studio dimostra come il ricorso alla digitalizzazione sia diffuso tra le utility, specie quelle più aperte al cambiamento e all’innovazione. Il settore ha preso coscienza dei vantaggi che possono derivare in termini di riduzione dei costi, di ottimizzazione dei processi produttivi, di vita utile degli impianti e, non ultimo, di uso razionale delle risorse ambientali ed energetiche. Registriamo tuttavia come tali tecnologie non siano diffuse in modo omogeneo nel settore e tra le diverse funzioni svolte dalle utility: emergono dunque ampi margini di miglioramento, in relazione ai quali il nostro studio avanza numerose e praticabili proposte di intervento”.
Tra le proposte di intervento indicate nello studio troviamo: l’interoperabilità di apparecchiature e sistemi tramite l’adozione di standard coerenti a livello nazionale e internazionale, per favorire la collaborazione tra imprese e con gli stakeholder, uniformando i “linguaggi” che provengono dalle varie apparecchiature e sistemi; l’impulso alla realizzazione e alla manutenzione delle infrastrutture pubbliche strategiche, tra cui fibra ottica e reti cellulari, rendendole affidabili e accessibili a prezzi adeguati; una maggiore accessibilità dei dati di pubblico dominio, quali ad esempio quelli meteorologici e demografici, per permettere alle aziende di effettuare simulazioni e scelte più efficaci); la diffusione nella regolazione delle utility di un approccio tariffario Totex – che riguarda le spese totali e non solo quelle in conto capitale – per remunerare adeguatamente anche le infrastrutture “non tradizionali”; l’intervento nella struttura del mercato elettrico, aprendo alla partecipazione delle risorse distribuite a nuovi mercati di servizi locali, di cui i DSO si approvvigionerebbero tramite aste o contratti; l’attuazione di interventi pubblici per la cyber security, fonte di preoccupazione che frena la digitalizzazione specialmente delle utility più piccole; l’adozione dell’European Chips Act, investendo in capacità produttiva locale di microprocessori e semiconduttori, nonché l’integrazione della direttiva con iniziative complementari, quali ad esempio il recupero e il riciclo dei RAEE per ridurre la dipendenza dall’estrazione all’estero; la promozione e l’estensione degli incentivi dei programmi nazionali come “Transizione 4.0”nonché iperammortamento e superammortamento.
[1] COM(2020) 67 final Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni. Plasmare il futuro digitale dell’Europa.